Era il ritratto dell’ottimismo, aveva una grande forza d’animo. Non fece una piega quando, appena un anno e mezzo fa, era al mio fianco, il medico gli disse che i disturbi di cui soffriva erano dovuti al cancro. Rimase impassibile, come se quella notizia, quella sentenza di morte, non lo avesse nemmeno sfiorato e fosse sibilata via senza lasciare alcuna traccia. Io mi sarei disperato. Lui no. Lui uscì da quell’ambulatorio, con il passo svelto di sempre, e si limitò a bisbigliare un non ci voleva, quasi si trattasse di un piccolo inconveniente, un imprevisto di quelli che ti cambiano la giornata e nulla più, una scocciatura da superare, da rimuovere. Invece era il cancro. Sei, sette mesi di vita, mi avrebbe confidato il medico poche ore dopo al telefono. È morto stamani, nella sua Rieti, tra le braccia di suo figlio, mio cugino. Aveva 65 anni. Era mio zio, si chiamava Giampietro ma per tutti noi era Giampiero, senza la t,  chissà perché. Era divenuto mio zio nel ’73, sposando la sorella di mio padre. Si erano conosciuti a Fano qualche tempo prima, quando la mia famiglia – colpita dal terremoto anconetano del ’72 – aveva scelto di trascorrere qualche settimana lontana dalle scosse e dalla paura. Lui, geometra della Snam Progetti, soggiornava nel nostro stesso albergo. La sua camera era a piano terra. Noi bambini, lo ricordo come fosse ieri, ci divertivamo a svegliarlo bussando alla sua serranda, che dava sul cortile d’ingresso. Lui si arrabbiava, apriva le imposte di scatto e provava a sgridarci con urla poco convincenti. Era un uomo buono;  noi bimbi l’avevamo capito e ne approfittavamo. Quel che non avevamo ancora capito era che di lì a poco sarebbe divenuto mio zio. Una storia bella e triste, quella dei miei zii. Lui in giro per il mondo a lavorare, lei al suo seguito in Algeria, per alcuni anni, e poi a stabilir fissa dimora in quel di Fano. Entrambi innamorati dello sport e del calcio in particolare. Lui a tenere per la Roma, lei per l’Inter. Un figlio, Roberto, anch’egli tifoso della Roma. Una bella famiglia. Una famiglia che non c’è più. Lei se ne è andata nove anni fa, devastata dal cancro. Lui stamani, all’improvviso, ucciso dallo stesso mostro che uccise la moglie. Provo dolore; era un’ottima persona, un uomo equilibrato, garbato e positivo. Amava scherzare ma non era mai volgare, amava sorridere ma era sempre misurato. Era uno con la testa sulle spalle. Proveniva da una famiglia perbene, e si vedeva. Aveva modi gentili, non ricordo di averlo mai visto trascendere. Mi piaceva. Non lo dimenticherò.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.