C’era una volta, tanto tempo fa, una squadra di calcio molto forte, una squadra di supereroi, che giocava il più bel calcio del mondo e che vinceva ovunque e contro qualunque avversario. Era una squadra che segnava tanti tanti gol e non ne prendeva mai nessuno. Ai suoi avversari faceva tanta paura, e nessuno voleva mai giocare contro di lei. La sua casacca era di quelle speciali: bellissime righe verticali di un blu intenso si alternavano a righe nere e lucide. Su di loro spiccava, orgoglioso e fiero, uno sgargiante scudo tricolore: verde, bianco e rosso, accompagnato da una stella luminosa e color del sole. I suoi giocatori erano uomini speciali: alti come sequoie, veloci come il vento, forti come l’acciaio. Nessuno riusciva mai a vincere contro di loro; era impossibile: quella squadra era nata per vincere. Al caldo cocente del sole, lungo i campi innevati o sotto la pioggia battente, quella squadra vinceva, vinceva, vinceva. Mai una battuta d’arresto, mai una brutta partita. Solo trionfi, sempre e ovunque. A guidarla, dal bordo del campo, seduto su una panchina colorata e luminosa, c’era un giovane uomo, un uomo geniale e coraggioso, uno nato per vincere. Indossava una lunga sciarpa di lana nera e azzurra arrotolata al collo, e morbidi maglioni verdi. I sostenitori della sua squadra lo amavano intensamente. Era il condottiero di un’armata invincibile. La sua favola era destinata a prolungarsi nel tempo, a durare per sempre. Nessuno avrebbe mai potuto sperare di batterlo. Nessuno lo avrebbe mai nemmeno pensato. Fin quando, in uno strano giorno d’estate, un giorno di quelli in cui succedono solo le cose impossibili, dopo l’ennesimo grande trionfo, lassù dove si comanda qualcuno decise che quel giovane uomo andava eliminato; così, senza motivo e senza appello, per il solo gusto di eliminarlo e di cambiare le cose. E così fu. Quell’uomo venne eliminato e al suo posto venne assunto un altro giovane uomo. E di quella squadra invincibile e di supereroi, potente e affascinante, rimase solo la casacca.