Mi sa tanto che venderò il mio pianoforte. No, tranquillo, non mi metterò qua a elencare le sue caratteristiche, non è certo dal mio blog che intendo promuovere la sua vendita, se vendita sarà. Era il settembre del 2000 quando, animato da molto entusiasmo, tornavo dopo oltre due decenni a sedermi dinanzi alla tastiera per provare a prendere un po’ di confidenza con lo strumento che più mi affascina. Venivo da una pessima estate e avevo voglia di novità. La musica, ne ero certo, mi avrebbe dato una mano. Sono trascorsi otto anni da quel momento, otto anni durante i quali le mie mani, irrimediabilmente appesantite dalle non poche primavere, hanno costantemente fatto a pugni con la mia voglia di imparare, di suonare, di tradurre in musica l’articolarsi delle mie dita lungo la tastiera. Ce l’ho messa proprio tutta. Ho studiato libri, ho eseguito esercizi, ho suonato e solfeggiato all’infinito, dando tutto quel che potevo, ma non è che abbia mai saputo raggiungere grandi traguardi. Un po’ di confidenza con la tastiera l’ho guadagnata, certo; qualche breve e semplice brano ho imparato a suonarlo, e ho anche imparato solfeggiare con una discreta fluidità, ma di più non potevo pretendere. Ci ho provato con convinzione, te l’assicuro; ma ho presto capito che più di tanto non avrei saputo fare. Ho cominciato a comprenderlo già due o tre anni fa, quando, vuoi per i miei limiti, vuoi per l’insoddisfazione di chi non progredisce più, vuoi per i tanti impegni, ho iniziato a sedermi davanti al mio Kawaii con frequenza sempre minore, una frequenza che poi, nell’arco di un paio d’anni, si è andata azzerando. È giunto dunque il momento di cambiare pagina e di archiviare l’esperienza musicale. Conserverò tutti i libri di testo, i pentagrammi scarabocchiati, gli appunti, i quaderni, il metronomo e anche un sacco di ricordi. Serberò tutto con cura, ci puoi giurare. Ma mi sa che il pianoforte mi toccherà venderlo, ché in casa non ho molto spazio. E mi sa che quando verranno a prenderlo, quando se lo porteranno via, ci rimarrò male, perché con lui se ne andrà il simbolo di una bella stagione, una stagione che ha comunque arricchito la mia vita e l’ha resa più colorata: la stagione della musica. [La foto è di gutter ]

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