Ho avuto un malore. È successo ieri sera. Mi ero appena seduto con mia moglie al tavolo di un ristorante condotto da un nostro amico, un ristorante ove amiamo rifugiarci lontano dal clamore, per trascorrere un’oretta tranquilla in un’atmosfera che ci è familiare ormai da anni. Avevo giusto sorseggiato due dita d’acqua, sgranocchiato uno spicchio di fornarina in luogo del pane, dato un’occhiata al telefonino che sembrava vibrare, quando mi è comparso improvviso un leggero mal di testa, seguito dopo pochi istanti da una sensazione che non avevo mai provato. Era come se stessi perdendo il contatto col mondo esterno. Attorno a me tutto, di colpo, appariva irraggiungibile, ovattato, distante. Roberta mi guardava attonita, mentre io biascicavo parole senza senso e mi sentivo rapidamente venir meno. Ricordo di averle detto: Roby, sto male. Chiama l’ambulanza. Sono arrivati velocissimi, in un baleno. Nel mentre iniziavo a riprendermi; la crisi iniziale, quella più profonda, aveva lasciato il campo a un malessere meno accentuato. Avevo anche appoggiato i piedi sulla sedia di fronte. Da qualche parte ho letto che in certi casi occorre fare così. I primi rilievi sono subito parsi rincuoranti: pressione arteriosa nella norma, frequenza cardiaca accentuata, sì, ma solo dalla fifa che avevo, presenza di ossigeno nel sangue a livelli da concorso. In ogni modo, via: al Pronto Soccorso. Non si sa mai. Erano più di trent’anni che non salivo su un’ambulanza. Partiamo al piccolo trotto, senza attaccare la sirena né il lampeggiante. Il paziente non sembra poi così grave. Roberta ci segue con la sua Yaris. Maggie è sul sedile posteriore dentro il suo trasportino. Mentre l’ambulanza, nel buio della sera, sale silenziosa dal mare alle colline, rifletto sulla precarietà della vita: un attimo e tutto cambia. Bisognerebbe tenerlo presente più spesso. È stress, mio caro signore. Solo stress. Occorre che lei trovi il modo di vivere con più tranquillità e con meno affanno. Torni pure a casa, ma si dia una calmata! Ché si campa una volta sola, sentenzia il medico di turno. Ha ragione, il dottore. Negli ultimi mesi ho tirato troppo la corda. Tanti impegni, tanti pensieri, tante preoccupazioni. Troppe. Dovrò darmi una calmata. Lo farò. Ché lasciarci le penne a 41anni mi par presto. No?

6 risposte

  1. Ehi Marco! Che mi combini?
    Meno male che alla fine è andato tutto bene!

    E allora, adesso, sessione intensiva di riposo, perché a volte si corre anche molto di più di quanto il nostro fiato non possa reggere, e allora bisogna ricalibrare un po’ il tiro e riuscire a imparare a godersi il viaggio, senza necessariamente affannarsi ad inseguire la meta.

    A presto!

    Marco

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