Di tanto in tanto, mi è successo anche stamani, leggo sui giornali persone più o meno note dichiarare: ho vinto il cancro. È bello apprendere di uomini e donne che sopravvivono alla più terribile delle malattie e che tornano pian piano, nei limiti del possibile, alla loro vita di un tempo. Chi mi conosce sa, peraltro, che attorno a me più di una persona ha dovuto fare i conti con la spietatezza di questo male. E chi mi conosce sa quanto io ne abbia sofferto e ne soffra ancora. Alcuni ne sono usciti, altri no. Ma a quelli che ne sono usciti, e che con la loro presenza e con la loro ritrovata serenità continuano ad allietare le mie giornate, non ho mai sentito dire: ho vinto il cancro. Perché dire ho vinto significherebbe dire che chi non ce l’ha fatta ha perso. Ma chi non ce la fa non è affatto un perdente. Chi non ce la fa soccombe dopo aver dato tutto se stesso, dopo aver sopportato con somma dignità le atroci sofferenze fisiche, psicologiche e morali che il male reca con sé. Chi non ce la fa rimane aggrappato alla vita con tutta l’anima, anche quando è alle prese con la devastazione di cui solo il cancro è capace. Chi non ce la fa muore, certo, ma muore sotto i colpi di un nemico che è molto più grande di noi. E contro nemici più grandi di noi non possiamo né vincere né perdere. Semplicemente non dovremmo mai trovarceli di fronte.

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